Riproponiamo un articolo del giugno 2015 sul mercato dell’arte cinetica ad Art Basel. Buona Lettura!
A quasi sessant’anni dalla sua nascita l’Arte Cinetica regge sul mercato, confermando l’exploit che dal 2010 ha portato alla ribalta gli artisti che hanno inserito il fattore temporale nell’arte e anche ad Art Basel, a Basilea dal 18 al 21 giugno, si vedono gli effetti di questa crescita.
Sono ben sette le installazioni ad Art Unlimited legate al movimento e alla percezione ottica, che invitano il fruitore a ribaltare la propria prospettiva dello spazio e del tempo. Tra queste “Architettura Cacogoniometrica” di Gianni Colombo, padre indiscusso del cinetismo italiano, riproposta dalla galleria milanese A arte Invernizzi dopo la prima esposizione alla Biennale di Venezia del ’84.
Segue Dadamaino presente con un’opera di ben 27 metri del ‘93 dal ciclo il “Movimento delle cose”, intrapreso dall’artista dal ‘87, offerto da TornabuoniArt, per la prima volta a Basilea con Dadamaino e Kounellis nella sezione grandi opere e Paolo Scheggi nella sezione Art Feature.
Qui la galleria italiana con sede anche a Parigi ripropone quattro
“Intersuperfici Curve” esposte alla Biennale di Venezia del ‘66, di cui due di collezione privata, una di proprietà del Museo di Ingolstadt e solo quella in bianco in vendita con cifre riservate che, considerando le precedenti quotazioni dell’artista fiorentino, si possono attestare superiori al milione di euro. Scheggi è stato oggetto, il 18 giugno, di un talk condotto da Bernard Blistène, Luca Massimo Barbero e Mirta d’Argenzio, volto a riscoprire quest’artista scomparso prematuramente nel 1971 all’età di 31 anni, molto richiesto oggi in Usa.
Altra opera extralarge la “Sphère Lutétia” del ‘96 del venezuelano Jesùs Rafael Soto, presentatadalla Galleria Perrotin di Parigi, che nello stand propone “Vibraciòn Negra” del ‘90, in vendita per circa 200mila €, e “Ecriture bleu central” del ‘99 che si aggira intorno ai 750mila €. La galleria conferma che all’artista si sono interessati collezionisti privati ed enti museali e la vendita della Sfera è in corso di trattativa.
Il cinetismo tedesco del Gruppo Zero è rappresentato da “Sandmühle” di Günther Uecker, progettata nel 1969 e realizzata nel 2014, proposta ad Unlimited dalla galleria newyorkese Domenique Lévy, dove delle corde collegate a un motore elettrico distribuiscono su un diametro di circa 7 metri della sabbia dai diversi colori, alludendo al cambiamento continuo e circolare dell’universo.
Sul fattore temporale e sul cambio di percezione dello spazio anche le mega opere di artisti contemporanei che dimostrano di aver assimilato la lezione cinetica tra cui Jim Lambie con “Shaved Ice” del 2012 e Jeppe Hein con “360° Illusion III” del 2007, accumunate dall’uso dello specchio, e “Your space embricer” del 2004 del danese Olafur Eliasson.
All’interno della fiera una sola galleria punta unicamente sul cinetismo e sull’optical art, parliamo della storica galleria parigina Denise René, la prima a rappresentare Soto dal 1950. All’interno dello stand opere di Louis Tomasello, Soto, Cruz Diez, Bolognini e Yaacov Agam si interfacciano ad una generazione più giovane di artisti tra cui David Bill, il collettivo belga LAb[au], Pe Lang e Santiago Torres. È la galleria stessa a confermarci che quest’arte dal 2010 è tornata prepotentemente sul mercato, ma che a tale riscoperta non è seguita una crescita delle quotazioni che si sono mantenute stabili nel tempo.
Si va dai 47mila € di “Moving objects n°1753- 1754” del 2015 dello svizzero Pe Lang, le cui opere di minor formato si aggirano tra gli 8mila e i 22mila €, ai 300mila di “Costellation” di Agam del 1956, per
raggiungere quota 800mila per la “Grande vibration horizontale” del 1966 di Soto.
In galleria presente anche il venezuelano Santiago Torres, classe ’86, con l’opera “Trame en temps réel” del 2014, un monitor interattivo che spinge il fruitore a modificare l’opera. Torres è un ottimo esempio di come l’arte cinetica e il coinvolgimento attivo del fruitore non siano un filone ormai caduto in disuso, ma che piuttosto tale linea di ricerca non sia mai stata abbandonata ed anzi riemerge oggi più forte che mai. Come conferma l’artista: «la mia opera intende ricordare al pubblico che tutti siamo artisti, l’artefice è solo colui che combina riflessione/azione, ma tutti possediamo quella scintilla creativa dentro di noi. Il mio lavoro intende ricordare che l’artista non è come un Cristo che si pone al di sopra del mondo, ma che egli agisce all’interno della società».