C’è un artista in Italia che ha saputo coniugare più di tutti Pop Art, Metafisica, Astrattismo e Dada. Lui si chiama Lucio Del Pezzo e noi di Art for Breakfast ripercorriamo la sua carriera per voi nel giorno del suo 83° compleanno.
Lucio Del Pezzo (Napoli, 13 dicembre 1933) si forma presso l’Accademia di Belle Arti e l’Istituto d’Arti Applicate di Napoli. Nel 1958 partecipa alla fondazione del Gruppo 58, d’impostazione neosurrealista e neodada, con Guido Biasi, Bruno Di Bello, Sergio Fergola, Luca (Luigi Castellano) e Mario Persico. Gli artisti si fanno promotori di una ripresa della tradizione iconologica locale rompendo però gli schemi figurativi tradizionali. Il gruppo entra in contatto con il Movimento Nucleare milanese guidato da Enrico Baj, e con i gruppi Phases a Parigi, Spur a Monaco e Boa a Buenos Aires.
Nel 1959 Lucio Del Pezzo sottoscrive il Manifeste de Naples, di aperta e ironica protesta contro l’astrattismo, e partecipa attivamente alla creazione della rivista “Documento Sud”, una rassegna d’arte e di cultura d’avanguardia. Le opere realizzate dall’artista a Napoli propongono assemblaggi di vari oggetti, tra cui frammenti di stampe e immagini popolari, riuniti secondo la lezione dadaista dell’object trouvé, fino a raggiungere una personale accezione di Pop Art in opere che sono insieme quadro, scultura e oggetto. In queste, l’oggetto popolare o d’uso comune si accumula, mostrandosi caricato della propria funzione e della propria storia e, contemporaneamente, esso assume il carattere metafisico di presenza atemporale, senza però essere straniato dal contesto.
“Come non avvedersi […] osservando questi dipinti, che Del Pezzo si vale tanto d’una componente tradizionalmente giocosa o luttuosa, etnologica e folkloristica, quanto delle rigorose esperienze che le più recenti ricerche psicologiche attorno alla percezione ed alla tessitura, ci hanno insegnato? Come non avvedersi, cioè, che solo in apparenza quest’opera può apparire vicina a quella di tanti pittori neo figurativi o ‘pop’, quando invece spesso il suo rigore rasenta quello di molti giovani costruttivisti e programmatori?” (Gillo Dorfles circa l’identificazione di Lucio del Pezzo come artista pop)
Nel 1960 Lucio Del Pezzo si trasferisce a Milano su invito di Enrico Baj e, nello stesso anno, Arturo Schwarz ospita una mostra personale dell’artista. Nel capoluogo lombardo Del Pezzo raffina la sua materia pittorica, attratto dalle opere metafisiche di Sironi, Carrà, Morandi e soprattutto di De Chirico, di cui recupera le ambientazioni e l’uso decontestualizzato delle forme geometriche.
Come nota Gillo Dorfles: “L’inclusione – in questo periodo – di emblemi figurali: triangoli, cerchi, coni, o, in un aspetto più esplicitamente narrativo, di bersagli, birilli, frammenti di cornicioni, denotava l’intento di Del Pezzo di dare un peso determinante all’elemento iconico dei suoi dipinti. Ne derivava una continua tensione tra l’aspetto ludico – giocoso, di divertissement beffardo – e quello strutturale morfologico compositivo”. Il “quadro contenitore”, denominato dall’artista Visual box, ospita ordinatamente le icone geometriche proprie della metafisica, realizzate come solidi di legno posizionati sui vari piani d’appoggio.
In seguito Del Pezzo svilupperà queste intuizioni, gli oggetti saranno mobili e i loro rapporti modificabili direttamente dal fruitore, come nell’opera Sagittarius del 1969-1970, e il gioco con le forme astratte evolverà con ancor maggiore libertà d’invenzione.
Intorno al 1965 l’artista si trasferisce a Parigi, dove occupa il vecchio studio di Max Ernst in rue Mathurin Régnier 58. Contemporaneamente Del Pezzo viaggia molto e raccoglie i simboli iconografici propri delle culture con cui entra in contatto, che poi adopera, decontestualizzandoli, nei suoi sistemi accumulatori, i casellari, dove emerge l’aspetto ludico e ironico della sua opera.
Qui i simboli assumono il fascino di figura misteriosa essendo svuotati del loro reale significato allegorico. Le forme dai colori solari prodotte da Del Pezzo, ci appaiono al centro di un campo intatto, come esempi di una ricerca in-vitro in un luogo di sperimentazioni, quasi fossero poste sotto una lente d’ingrandimento dal fruitore. Gli elementi sono mostrati per quello che sono, come a rivendicare una soggettività che prescinda da ogni significato allegorico. Come nota lo stesso Gillo Dorfles, è chiaro come in quest’operazione compiuta dall’artista l’evidente aspetto giocoso e ludico celi un’implicita denuncia della svalutazione dei codici simbolici propri di una cultura, quale conseguenza del nuovo clima culturale della società di massa.
In bilico tra ironia e malinconia, l’opera di Del Pezzo s’inserisce in un ambito prossimo alle esperienze del Nouveau Réalisme francese, nel riuso e nel riciclo di elementi e oggetti “scaricati” dalla società.
Nel 1965 l’artista partecipa alla mostra inaugurale dello Studio Marconi, con il quale avvia un intenso rapporto di collaborazione realizzando numerose mostre personali negli anni seguenti, sodalizio che va avanti ancora oggi.
Del Pezzo prende anche parte accanto ai maestri dell’astrattismo e concretismo italiano, in primis Eugenio Carmi, all’esperienza della Cooperativa del Deposito di Boccadasse e qui tiene una sua mostra personale nel 1966. Nello stesso anno gli viene dedicata una sala personale alla XXXIII Biennale di Venezia e Del Pezzo inizia ad ottenere numerosi riconoscimenti nell’ambito artistico internazionale.
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Negli anni Settanta collabora in veste di grafico con l’azienda Olivetti e con il gruppo automobilistico Renault Italia. Nel 1970 Arturo Carlo Quintavalle cura un’importante antologica dedicata all’artista al Salone dei Contrafforti della Pilotta di Parma, seguita, nel 1974, da una retrospettiva alla Rotonda di via Besana a Milano curata da Guido Ballo. Nel 1979 Del Pezzo rientra definitivamente in Italia e si stabilisce a Milano.
Dal 1984 è invitato da Guido Ballo a prendere il posto di Emilio Tadini come titolare della cattedra di “ricerche sperimentali sulla pittura” alla nuova Accademia di Belle Arti di Milano.
Ancora oggi vive a Milano e tiene il suo studio sui Navigli, ha tenuto e continua a tenere numerose mostre in varie parti del mondo e le sue opere sono state acquisite da importanti collezioni pubbliche e private.
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Credits:
Img. di copertina: Lucio Del Pezzo, Il muro dell’arcobaleno, 1971, Metallo verniciato e plastica, cm. 54x177x8, firmato in basso sinistra. Courtesy Conte Arte .
Fig.1: Lucio Del Pezzo, Martirio grande, 1961, tecnica mista su tela / mixed media on canvas, 160 x 130 x 5 cm. Courtesy Fondazione Marconi.
Fig.2: Lucio Del Pezzo, Nello stile italiano, 1965, tecnica mista su legno / mixed media on wood, 220 x 160 x 45 cm. Courtesy Fondazione Marconi.
Fig.3: Lucio Del Pezzo, Allestimento della mostra Sagittarius presso lo Studio Marconi, dicembre 1969. Fotografia di Enrico Cattaneo.
Fig.4: Lucio Del Pezzo, Casellario 40 elementi, 1974, acrilici e collage su legno, 224 x 350 cm. Courtesy Artribune.
Fig.5: Lucio Del Pezzo, Les maîtres-teinturiers, 1966, acrilici su legnO, 130 x 160 x 40 cm. Courtesy Artribune.
Fig.6: Lucio Del Pezzo, Losanga, 1975, tecnica mista su legno / mixed media on wood, 100 x 100 x 45 cm. Courtesy Fondazione Marconi.
Fonti:
Il testo qui riportato è un adattamento di un capitolo di tesi di Francesca Tribò, Giovanni Orsini collezionista e committente. Le edizioni d’arte del Ricamificio Zibetti Orsini e le installazioni di Villa Buttafava a Cassano Magnago, aprile 2015.
Per approfondire la figura di Lucio Del Pezzo:
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Lucio Del Pezzo, (Milano, Rotonda di via Besana, aprile 1974), a cura di Guido Ballo, Comune di Milano Ripartizione cultura, 1974;
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Lucio Del Pezzo, (Milano, Studio Marconi, 1974), testo di Hans Gerd Tuchel, Milano, Studio Marconi, 1974;
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Lucio Del Pezzo, Archetipi, le macchine, parafrasi (De Chirico), (Milano, Studio Marconi, aprile 1981), testo di Gillo Dorfles, Milano, Studio Marconi, 1981;
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Giuseppe Appella, Colloquio con Del Pezzo, Roma, ed. della Cometa, 1983;
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Gillo Dorfles, Preferenze critiche, Bari, edizioni Dedalo, 1993, pp. 241-246;
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Rossana Bossaglia e Nicola Pagliara, Lucio Del Pezzo, in AA.VV., Artisti a Napoli, Napoli, Alfredo Guida Editore, 1997.