Il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea situato nella storica città di Rivoli, poco fuori Torino, conserva una collezione di opere d’arte contemporanea meravigliosa, che corrisponde ad una bellissima lezione di storia dell’arte sugli sviluppi e sulle ricerche di quegli artisti della seconda metà del Novecento che vengono esclusi dai programmi liceali per mancanza di tempo.
Dal 1984 il Castello di Rivoli è luogo di grande sperimentazione. La sua missione nasce e si sviluppa in funzione della promozione dell’arte contemporanea e della cultura, anche attraverso mostre temporanee di artisti di grande valore. Attento alle novità e alle recenti iniziative, si pone come punto di riferimento per un’indagine attenta e approfondita delle tendenze e dei movimenti artistici che si sviluppano sia in Italia che all’estero. Sempre in evoluzione, la collezione è attualmente affiancata da due esposizioni temporanee: la personale dell’artista Ed Atkins e la retrospettiva di Wael Shaesky.
Il Castello di Rivoli, inoltre, si propone come museo attivo all’interno del panorama culturale del Piemonte. Per questo, infatti, ospita l’istallazione A new memory is made di Alina Chaiderov, vincitrice dell’Illy Present Future Prize 2015, uno dei premi offerti dalla fiera torinese Artissima.
Dall’Arte Povera a Cattelan, dal concettuale ad Ai Weiwei. Ecco, in una breve passeggiata, alcuni dei numerosi capolavori per cui vale davvero la pena visitare la collezione:
Venere degli stracci, Michelangelo Pistoletto, 1967.
L’opera, emblema del tipico carattere innovativo degli anni ’60 in Italia, è composta da una scultura classica che non guarda lo spettatore, è di spalle, e si immerge in una montagna di stracci colorati. Un forte contrasto tra la bellezza della statuaria classica e la povertà degli indumenti accatastati. Una Venere classica, ma al contempo anticonvenzionale, tra le opere più famose di Pistoletto, da cui non si riesce a staccare gli occhi.
Novecento, Maurizio Cattelan, 1997.
Che cosa ci fa un cavallo appeso al soffitto di una bellissima sala settecentesca? L’enigmatico contrasto tra la ricca Sala degli Stucchi e l’opera di Maurizio Cattelan Novecento è al tempo stesso scioccante e accattivante. Il cavallo in tassidermia si abbandona alla forza di gravità con rassegnazione: è il simbolo di un’epoca spezzata dalla violenza che si lascia trascinare dal tempo.
Cattelan lo sia ama o lo si detesta, ma sicuramente è difficile da ignorare.
Cabaret delle Crociate: lo spettacolo dell’orrore di Wael Shaesky
Tra le mostre presenti al Castello di Rivoli in questi mesi, la retrospettiva di Wael Shaesky ormai è agli sgoccioli. Inaugurata il 2 Novembre 2016, è possibile visitarla ancora fino al 5 Febbraio 2017. Wael Shawsky, classe 1971, attraverso una trilogia filmica racconta la storia delle Crociate, narrando le vicende dal punto di vista degli Arabi e analizzando gli avvenimenti cruciali del periodo tra il 541 e il 1009. Si tratta di una ricostruzione estremamente interessante: le originali scenografie accolgono i particolari personaggi che nei primi due film sono composti da marionette settecentesche della Collezione Lupi di Torino, per le quali l’artista ha ridisegnato gli abiti, mentre nell’ultimo film della trilogia le marionette sono state realizzate in vetro di Murano.
Tutto, Alighiero Boetti, 1987-88.
La bellezza di questo quadro parte dal titolo: Tutto. Alighiero Boetti, grande sperimentatore tra gli artisti dell’Arte Povera, con questo lavoro riflette sulla complessità e sulle sfaccettature del reale. Crea una fitta trama di personaggi tratti da differenti fonti figurative, libri, enciclopedie, giornali e riviste. Le figure si incastrano perfettamente l’una affianco all’altra, ignorando i limiti della superficie dell’opera, creando un fantasioso caos di figure discontinue che occupa tutto lo spazio a disposizione. Tutto fa parte di una serie di lavori tessili, ed è stato realizzato tra il 1987-88, ricamato da donne afgane rifugiate in Pakistan.
Fragments, Ai Weiwei, 2005.
Ai Weiwei non lascia nulla al caso, ed ogni suo lavoro o intervento si inserisce in un discorso socio politico ben preciso. In Fragments ci troviamo di fronte ad un’installazione composta da travi e pilastri in legno provenienti dai diversi templi della dinastia Qing (1644-1911) demoliti durante le rivoluzioni politiche e culturali in Cina. La struttura si dispone seguendo graficamente i lineamenti della mappa della Cina e ne racconta attraverso i suoi lacerati elementi, la sua storia colma di contraddizioni e fragilità.