Le 10 opere da vedere al Museo del Prado di Madrid

Il Museo Nazionale del Prado è uno dei musei più importanti al mondo grazie alla sua immensa collezione che conta oltre 8.600 dipinti e più di 700 sculture. Ideato da Carlo III e progettato dall’architetto Juan de Villanueva, si trova nel bel mezzo del Paseo del Arte di Madrid. Il Prado si trova accanto a il Giardino Botanico, il Museo Reina Sofia e il Thyssen-Bornemisza, e al suo interno si trova la collezione di pittura spagnola più completa al mondo.

Noi di AFB abbiamo selezionato le migliori opere, o meglio, quelle che assolutamente bisogna vedere se si visita il Museo del Prado.

1. Las Meninas di Diego Velazquez

In una delle sale principali del Prado, si erge imponente l’anomalo dipinto di Diego Velazquez. Anomalo per dimensioni e complessità compositiva. Per oltre 3 metri di altezza e quasi 3 di larghezza, il ritratto della famiglia reale è forse il più importante dipinto del maestro spagnolo. Lo stesso artista appare nel dipinto e ci svela che in realtà si tratta di un’opera “al contrario”. Il vero soggetto del quadro è infatti la coppia Reale riflessa nello specchio. Ciò che lo spettatore guarda non è altro che il quadretto familiare che assiste alla realizzazione dell’opera stessa. Al centro la piccola Margherita che vi segue con lo sguardo da qualunque punto voi la stiate osservando.

Questa ricchezza e varietà del contenuto rendono l’opera un unicum incredibile, non solo nell’intero repertorio dell’artista ma anche considerando il genere dell’epoca. Il dipinto presenta numerosi spunti e dettagli che offrono una giusta descrizione della vita reale e Reale dell’epoca, quasi a ricadere nella categoria del dipinto storico.

2. Il Giardino delle Delizie di Hieronymous Bosch

Il trittico più famoso di Bosch si distribuisce su tre parti. Le ante ampliano la scena dedicata al destino dell’uomo che viene minuziosamente rappresentata attraverso simboli e mostriciattoli. Nella sala del Prado, partendo da sinistra, l’artista trasferisce la sua personale visione del Paradiso terrestre, luogo pacifico dove le creature sono animate da un etereo stato di grazia. A destra, al contrario, l’ambientazione si fa più nefasta: è infatti raffigurato un fantasioso inferno. Nella parte centrale, una sorta di purgatorio, o terra di mezzo, dove i vizi dell’umanità si mischiano in un caos “delizioso”.

Bosch è considerato l’archetipo del surrealismo. 300 anni prima del famigerato movimento, l’artista olandese ne anticipa infatti i mezzi figurativi. I piccoli personaggi onirici e psichedelici servono però per parlare di un tema ricorrente all’epoca: la fragilità e la natura effimera dell’uomo che prova felicità in piaceri peccaminosi.

3. 3 maggio 1808 di Francisco Goya

La data che dà il titolo all’opera segna una delle pagine più brutte della storia spagnola. Si tratta della fucilazione dei rivoltosi spagnoli avvenuta per mano dell’esercito francese. Goya fotografa la scena in modo impressionante e la riempie di un carico simbolismo. Nel dipinto il plotone d’esecuzione senza volto si contrappone alla carica espressiva dei volti disperati dei condannati a morte. Il calore e la trasfigurazione della morte nei gesti dei rivoltosi, sui cui volti si legge la paura, la rabbia e l’angoscia per l’imminente fine.

L’opera è passato alla storia come il simbolo della brutalità della guerra. Oggi al Museo del Prado è il risultato del restauro effettuato nel 2008 che ha restituito lo splendore originale del dipinto e della tecnica magistrale di Goya.

4. Le Tre Grazie di Pieter Paul Rubens

In questa versione, risalente al 1638, Rubens esprime tutta la maturità della sua tecnica espressiva. Si tratta dell’ultimo periodo dell’artista in cui sono evidenti la felicità e la vitalità dell’artista. Allegre e spensierate le tre creature sono raffigurate danzanti, affiancate da un cherubino e immerse in un paesaggio con cervi. Nella rappresentazione dei corpi si evince la gioia che l’artista prova nel raffigurare personaggi femminili.

Le figure sono ispirate alla scultura classica tanto che Rubens tenta di riprodurre le rotondità pallide del marmo attraverso le pennellate morbide e profonde. Il ritmo circolare e l’elegante ondulazione sono caratteristiche ricorrenti. Esse si uniscono alle forme altisonanti e ai colori caldi che Rubens utilizza nelle sue opere degli ultimi anni, così come si può osservare da quelle esposte al Prado.

5. Maja Desnuda Maja Vestida di Francisco Goya

La coppia di quadri più famosa di Goya ritrae una donna prima nuda e poi vestita, ritratta nella medesima posizione. Nella sala del Prado vengono esposte una affianco all’altra. Sulla vera identità della donna e sul perché sia stata ritratta nelle due versioni, si sono versati fiumi di inchiostro. Noi vi diamo la versione più accreditata. La desnuda è quella che destò più scandalo e scalpore. Si ritiene infatti che la “Maja” fosse l’amante del primo ministro spagnolo e che lui stesso abbia voluto farla ritrarre senza veli. All’epoca, poi, in Spagna la Santa Inquisizione aveva proibito la raffigurazione di qualsiasi nudo o soggetto erotico.

Sebbene sia difficile collocare Goya in un preciso movimento pittorico per la sua straordinaria particolarità, possiamo dire che i due dipinti realizzati intorno al 1800 sono “romantici”. Mentre nella versione vestida, Goya sembra essere approssimativo nella pennellata, in quella nuda, si spreca in una miriade di dettagli. È come se nella composizione del corpo della donna, estremamente sensuale, lo stesso Goya volesse accentuare la bellezza del corpo nudo, evidenziando il maggior tempo impiegato a ritrarlo.

6. Il confronto tra Adamo ed Eva di Tiziano e di Rubens

In una delle sale principali del Prado, sono disposte le due opere che ritraggono la scena delle scene: Adamo ed Eva nel momento in cui si consuma il peccato originale. La versione di Rubens (1628) è una copia di quella di Tiziano (1550) ma presenta delle differenze soprattutto nella simbologia. Le due tele rispecchiano il cambiamento di mentalità religiosa e morale del loro tempo: la rappresentazione di Tiziano più austera si contrappone alla straordinaria leggerezza di Rubens che celebra la gioia di vivere, di amare. Rubens lo fa ogni volta che può, anche nel momento più drammatico della storia della salvezza.

Diverso è anche il rapporto psicologico tra i personaggi raffigurati. In Tiziano il bimbo-serpente pone lo sguardo su Adamo mentre offre il frutto a Eva. Adamo lo guarda diffidente sporgendosi indietro quasi a scrollarsi dal peccato che viene compiuto tutto da Eva. In Rubens Adamo non è veramente conscio di cosa stia accadendo, anzi risulta totalmente preso da Eva.

7. Davide e Golia di Caravaggio

Nel Museo dove trionfa il barocco spagnolo, non poteva non esserci il nostro barocco. Il quadro risale all’ultimo periodo di Michelangelo Merisi, detto Caravaggio. La scena è quella biblica di Davide che decapita il gigante Golia ed è rappresentata magistralmente attraverso l’uso della luce e il tono dei colori. La bravura di Caravaggio nell’utilizzare a suo piacimento proprio la luce, lo rende davvero unico tanto che il dipinto di un metro per un metro è il primo che salta all’occhio in una delle sale del Prado dove sono esposti altri venti capolavori.

Le sembianze di Golia sono quelle dello stesso pittore che, dopo aver ricevuto la condanna alla decapitazione per l’omicidio di un uomo durante un litigio, inizia a disegnare in modo ossessivo scene di persone decapitate con la sua faccia.

8. L’Annunciazione del Beato Angelico

Il Beato Angelico, ovvero Guido Trosini, chiamato Giovanni da Fiesole una volta frate, raffigura la classica scena dell’Arcangelo Gabriele che annuncia la venuta di Gesù a Maria.

Nel dipinto ricorrono le simbologie e i colori classici delle rappresentazioni sacre. Il mantello azzurro della Vergine per esempio che sta a significare il Divino. Il rosa dell’Angelo come unione tra la terra e il Cielo. L’Annunciazione si inserisce nel quadro più complesso della pala d’altare dove, nella parte sinistra, sono raffigurati Adamo ed Eva cacciati dal Paradiso. Nel suo stile, Fra Angelico fonde lo stile tardo gotico italiano con la nuova lingua del Rinascimento.

9. L’Andata al Calvario di Raffaello

Nel capolavoro di Raffaello è ritratta una scena dolorosa e passionale della Via Crucis di Gesù Cristo. Grazie all’uso dei colori vivaci, il maestro riesce a concentrare le sue migliori qualità pittoriche per conferire all’immagine una capacità espressiva fuori dall’ordinario. La passione di Gesù si mischia al dolore fisico del suo lato umano. Il suo sguardo è rivolto alle donne e a sua madre ed è carico di doloroso sentimento.

10. Autoritratto di Dürer

Dürer si auto ritrae come un gentiluomo, vestito con colori chiari e raffinati. L’artista inserisce elementi che rendono il dipinto armonioso, anche se l’aria è austera e cupa. L’architettura sullo sfondo segue la postura ad L del busto, appoggiato saldamente sul davanzale. Qui Dürer inserisce qualcosa che è tipico dei suoi ritratti, realizzati con meticolosa precisione. Il gioco psicologico è evidente nel contrasto tra il carattere sensuale delle sue caratteristiche fisiche e il suo freddo sguardo penetrante.

La sua stessa soddisfazione circa la sua abilità artistica si evince anche nell’iscrizione del davanzale in tedesco: 1498 ho dipinto seguendo la mia figura. Avevo ventisei anni, Albrecht Dürer.