Il perfetto binomio di genio e sregolatezza è racchiuso nel carattere creativo di Alberto Giacometti, mostrato in un film che presto uscirà nelle sale italiane. Raccontato da Stanley Tucci e interpretato da uno straordinario, premio Oscar, Geoffrey Rush, l’artista italo-svizzero è il protagonista di una breve, seppur intensa, amicizia. Quella con il giornalista americano James Lord, soggetto del suo ultimo dipinto.
Ieri si è tenuta la prima di “Final Portrait”, prodotto da Gail Egan per Potboiler Productions, insieme a Nik Bower per Riverstone Pictures e Ilann Girard per Arsam International. Distribuito dalla casa di distribuzione cinematografica BIM. Noi di Art For Breakfast vi offriamo uno spaccato del film che, diciamolo, ha intenerito il nostro animo.
Siamo nella Parigi del 1964. Alberto Giacometti è già nel pieno del suo successo. Il suo carattere impulsivo e burbero risulta assolutamente divertente e, a tratti, tenero. Una vita disordinata, ai limiti dell’igiene e della decenza che coinvolge anche le persone a lui più care, il fratello Diego Giacometti, la moglie Annette e l’amante prostituta Caroline.
In perfetta contrapposizione c’è James Lord (Armie Hammer), un giornalista americano che commissiona all’artista un proprio ritratto. Il biondo newyorkese è elegante, preciso e pacato nei modi, in completa dissonanza con il caos dello studio parigino dello scultore e pittore. La sua pazienza è messa alla prova dall’interminabile lavoro di Giacometti. L’uomo pensa che sia questione di pochi giorni, “giusto un paio di giorni sì”. La perpetua ricerca di perfezione da parte dell’artista costringe il giovane a dover restare nella capitale parigina oltre il soggiorno previsto.
Le 19 sedute necessarie per il dipinto fanno sì che tra i due nasca un’amicizia. Breve, affatto ricca di parole. Poche frasi, in effetti, che avvicinano il giovane americano all’animo tormentato e sarcastico di Giacometti. Il luogo principale è lo studio dell’artista, lurido, disordinato, pieno di opere qua e là, buttate in giro, come se non valessero nulla.
[LEGGI ANCHE “Final Portrait: il film capolavoro su Alberto Giacometti“]
Uno stereotipo dell’artista, direte voi. Probabilmente sì. Instabile e inaffidabile, Giacometti si destreggia tra alcol, sigarette e prostitute come fosse il suo habitat naturale ed esprime la sua vena creativa quando più si sente depresso, affranto. Ma la sua incredibile sensibilità, espressa nelle opere che ancora oggi ammiriamo, è tale che le persone che gravitano intorno a lui ne subiscono il fascino, rimangono quasi rabbiosamente intrappolate nel vortice emotivo che viene generato.
Il regista Stanley Tucci elogia la figura del grande scultore e pittore ed esalta le lente fasi del processo creativo celato dietro un’opera d’arte. Al centro dell’amicizia vi è uno scambio reciproco di studio: dapprima Giacometti che scruta le più piccole rughe espressive del suo modello; poi Lord che spia ogni piccolo gesto dell’artista, quasi a voler indagare sul suo incostante e tormentato stato d’animo.
Il film “Final Portrait” diretto da Stanley Tucci e interpretato da Goeffrey Rush, uscirà nelle sale l’8 febbraio. Buona visione!