Protagonista di uno dei talk della 9^ edizione dell’Affordable Art Fair promossi da Art for Breakfast, è stata una delle illustratrici più apprezzate degli ultimi anni, la francese Malika Favre. Nota in tutto il mondo grazie alle copertine dei più famosi magazine ed editori, tra cui The New Yorker, Vogue e Penguin Books. Tema centrale: la donna.
Traduzione e pubblicazione a cura di Giulia Vitali
Quest’anno la fiera ha dedicato particolare attenzione all’illustrazione, che negli ultimi anni ha visto crescere le fila degli appassionati sia tra i giovani che tra i collezionisti esperti. Chiara Pozzi, fondatrice di Illustrazioni Seriali, spazio dedicato alle più diverse forme di illustrazione, ha presentato uno stand con focus su due dei più quotati illustratori contemporanei, tra cui l’artista francese. Abbiamo piacevolmente “fatto colazione” con lei ed ecco cosa ci ha raccontato del suo lavoro.
Malika per chi non ha avuto modo di conoscere il tuo lavoro ci racconti da dove sei partita?
È molto difficile rispondere a questa domanda, spiegare che tipo di arte fai, ma ci provo: Malika è molto bold e molto grafica, un tipo di arte a metà tra design e illustrazione, decisamente minimal, che utilizza quei pochi colori della palette. È una tipologia di arte che definirei.. molto sexy.
Il tuo lavoro suggerisce subito uno stretto legame con la figura femminile, centrale in ogni opera, la tua è una donna che va fiera della propria sessualità e vuole esprimere la sua sensualità contro ogni pregiudizio?
Sì, la donna rappresenta un figura centrale sin dall’inizio del mio lavoro. È stato qualcosa che è venuto fuori sin da quando ero bambina. La ragazza che c’è dentro di me è ciò che mi ha ispirata e mi ha permesso di affrontare il tema del ruolo della donna. Non ero bella, ho sempre trovato donne con corpi femminili estremamente belli e sensuali: le loro curve, come le figure geometriche, mi hanno sempre affascinato. Sono stata sempre affascinata anche dall’erotismo, questo arriva anche dal mio background: sono cresciuta in una famiglia molto aperta, “molto francese” in questo senso, si parlava spesso in maniera aperta di sessualità ed è qualcosa che mi sono portata dietro durante la crescita. Disegnavo molto, ovviamente disegni ciò che conosci e come percepisci le cose e solo dopo ho effettivamente realizzato che è vero: le donne che disegnavano erano molto sicure di loro stesse, fiere della propria sessualità, non trattandola come se fosse una cosa di cui vergognarsi.
Centrale in questo senso il Kama Sutra Alphabet che hai realizzato per la casa editrice Penguin nel 2011…ci vuoi raccontare questo lavoro e cos’è per te la sensualità?
È un gran progetto. Fu il mio primo, dopo aver lasciato lo studio di design volendo dedicarmi alla carriera di illustratrice indipendente. Quindi il mio primo lavoro fu proprio ridisegnare la copertina del Kamasutra per Penguin. La cosa interessante è stata occuparmi della copertina di un manoscritto originale, un libro che non aveva illustrazioni al suo interno. Con essa dovevo comunicare ciò che era il Kamasutra, l’apoteosi dell’erotismo. Fu anche molto interessante perché è stata la prima volta che ho disegnato uomini nei miei lavori erotici. Con il Kamasutra è stata una vera sfida, poiché non rappresenta solo erotismo e sesso ma è anche un manuale, un libro di informazioni sul sesso. Bisognava fare un altro step ed essere più esplicativa. Ho cominciato con il disegnare 6 o 7 lettere per fare lo spelling di Kamasutra, ma poi ho sentito che il lavoro non era finito. Quindi decisi di disegnare tutto l’alfabeto come progetto personale. L’ho fatto a Londra alla Somerset House, è stato incredibile perché potevi vedere tutte queste lettere sul muro, una sorta di peccati tutti insieme. Per me questo è sensuale, ma non è il più sensuale dei progetti che ho fatto, è anzi piuttosto fun. “Le Crazy” per me lo è di più perché propone ciò che tu mostri, ciò che nascondi, donne che si nascondono tra luci e ombre. La sensualità è qualcosa che è sempre presente nelle mie opere e che provo sempre ad esplorare.
Il tuo stile si basa sui colori accesi, le tinte piatte e un sapiente gioco di negativo/positivo…come le realizzi? E soprattutto less is more?
Non so di preciso come lo faccio, penso abbia molto a che fare con il mio background di graphic designer, ho approcciato l’illustrazione come un lavoro di loghi, e nel graphic design devi ridurre quanto più puoi per riportare tutte le informazioni. È stato molto interessante riportare questo nelle illustrazioni, fare qualcosa di molto minimal che sembra molto semplice quando lo guardi, ma la semplicità è anche la cosa più difficile da realizzare. È qualcosa di magico, che quando è finito mostra pochissime linee e pochi colori e alla fine risulta come un tutt’uno e c’è qualcosa di magico in questo. Giocare con lo spazio è un’altra cosa che trovo molto interessante è quello che fai quando utilizzi spazi negativi. Ciò riesce a coinvolgermi totalmente nel lavoro perché sembra che il disegno non esista fin quando non lo hai concluso.
Una delle tue illustrazioni di maggior successo è quella delle donne chirurgo (about the women surgeons), donne chirurghe in tutto il mondo si sono fotografate seguendo la tua iconografia…quando l’hai disegnata avevi capito la sua portata e cosa ha rappresentato questo per te?
No, non pensavo sarebbe successo quel che poi è successo. La storia dietro questo lavoro è interessante, perché si tratta del sogno che avevo quando ho cominciato a fare l’illustratrice. È interessante poiché mostra un lato diverso del corpo, riguarda salute e medicina. Uno dei problemi era che era la prima volta che facevo un lavoro di questo tipo, era un lavoro davvero molto aperto, mi è stato dato il tema e mi è stato detto di realizzare qualcosa, dunque l’ho approcciato in maniera molto personale. Doveva avere senso per me, mi sono chiesta “qual’è la mia esperienza personale su questo tema?”, dovevo trasmettere ciò che un paziente percepisce quando è sul tavolo operatorio di fronte a te. Così sono ricorsa a un ricordo che avevo da bambina, quando ho subito un’operazione agli occhi, e ricordo ancora oggi in maniera vivida il momento in cui l’anestesia ha cominciato a fare effetto e cominciavo a vedere le immagini sfocate. Ho deciso dunque di dedicare questo lavoro alla mia operazione e realizzarla in modo che chiunque sia stato sotto anestesia potesse riconoscere quella sensazione. Così l’ho fatto, ma non avevo realizzato che potesse avere l’audience che ha avuto e diventare quasi uno “statement” dell’industria medica. Questo è diventato un simbolo per le donne chirurgo in America, che poi hanno creato un vero e proprio movimento. In una settimana ho venduto 500 pics e questo è stato incredibile. Era divenuta popolare in tutti il mondo. Ha cambiato il modo in cui facevo illustrazioni, È stato un movimento positivo e celebrativo, mostra il potere delle illustrazioni, come con le illustrazioni puoi cambiare le cose.
Qui in fiera presenti la serie Le Crazy ispirata al cabaret Le Crazy Horse di Parigi, ci puoi raccontare come è nata?
Questo progetto ha una piccola storia, ma molto particolare. Non ero stata mai al Crazy Horse fino a 3 anni fa. A Parigi ci sono molte ambientazioni e scenari che mi hanno ispirato nella realizzazione di questa serie. Una ballerina russa del Crazy Horse mi ha mandato una mail dove diceva di amare il mio lavoro, invitandomi ad andare allo show. Decisi di andarci ma non avevo idea di cosa avrei visto. Dopo lo show ero molto entusiasta perché era stato diverso da come me lo aspettavo, estremamente moderno, super-grafico era come vedere il mio lavoro nella vita reale. Con luci proiettate sui corpi, figure geometriche, estremamente sensuale. Ero con il mio ragazzo e lui era ovviamente più entusiasta di me. I corpi erano fantastici, le donne bellissime, tutto estremamente sexy. Quando è finito lo show e ho incontrato la ballerina è stato ovvio che dovessi fare qualcosa. E da qui è nato il progetto.
Guardando le tue immagini si possono scorgere influenze provenienti dall’intera cultura figurativa 900esca, se fossero ingredienti come descriveresti la composizione delle tue influenze artistiche?
Mh difficult. È qualcosa di folle, vedere qualcosa. Ho visto molte mostre quando ero piccola. La mia famiglia era una famiglia artistica. L’amore per la pop art mi ha influenzato e la cultura pop in genere. Anche l’architettura e il modernismo sono fattori chiave. Molte cose mi influenzano, tutti i movimenti, come ad esempio l’astrattismo. Ma anche musica, cinema o fotografia, c’è un po’ di tutto, è difficile da spiegare. Non c’è una sola ricetta. Per quanto riguarda l’immaginazione l’unica spiegazione che sono cresciuta senza TV, negli anni 80 era molto strano. Ma questo mi ha portato a dover immaginare, inventare delle storie e disegnarle completamente tramite l’immaginazione.
Il titolo del nostro Magazine è Art for Breakfast – arte a colazione – e nasce dall’idea che l’arte e la cultura siano il nutrimento quotidiano più importante, spesso consumato di fretta, ma che in fondo ci sostiene di più nelle giornate. Se tu potessi scegliere con quale arte nutrirti al mattino per vivere la giornata con energia cosa sceglieresti? In altre parole, se le opere d’arte fossero ciambelle quale mangeresti a colazione?
Non sono un’abitudinaria quindi non mangio a colazione sempre le stesse cose. Ma se dovessi scegliere un artista per colazione sceglierei decisamente Jim Holden, un fotografo estremamente potente, sensuale. Lui è estremamente pop e ogni volta che lo vedo mi genera piacere. Accosta perfezione a sensualità e questo è magnifico.
Un grazie particolare a Federica Iozzia, che ha realizzato l’intervista a Malika Favre durante l’Affordable Art Fair, venerdì 25 gennaio 😀