Dopo il successo di pubblico e di critica ottenuto a Casa della Memoria di Milano, dal 13 novembre il Teatro della Cooperativa ospita Kids. Ancora Piccoli Martiri di Diego Randazzo, con la curatela di Sabino Maria Frassà, un’occasione unica per vedere, e rivedere, questa mostra che ci ha particolarmente colpite.
Nel foyer del Teatro della Cooperativa (via Hermada, 8 a Milano nei pressi dell’ospedale Niguarda) sono esposte parte delle opere relative alle testimonianze dei superstiti della Strage di Gorla del 1944 ed un nucleo di disegni a grafite che indagano sul tema dei bambini vittime di tutte le guerre, già proposte dal 10 al 28 ottobre per la grande mostra a Casa della Memoria .
Son passati 75 anni dalla tragedia di Gorla, il quartiere milanese nel quale nel 1944 morirono 184 alunni della scuola elementare Francesco Crispi, e ancora oggi nel mondo 10.000 bambini muoiono ogni anno a causa delle guerre. Sembra esser cambiato quasi nulla in questi 75 anni e la Storia pare ripetersi all’infinito. Anche le immagini di violenza trovano oggi un pubblico assuefatto che non si scandalizza né si scompone più di tanto nemmeno di fronte alla sofferenza dei più piccoli. Diego Randazzo interpreta il dramma dei morti civili nei territori di guerra e attraverso le sue immagini riesce a cogliere l’universalità del dolore di un’ infanzia negata e distrutta. Vittime inutili, di poco conto, cui è negato l’onore tributato agli eroi, spesso uccise da fuoco o da mani amiche in una guerra percepita così lontana eppure così vicina.(Dal testo critico di Sabino M. Frassà)
La mostra si è spostata da un angolo all’altro di Milano, ma l’esercizio di memoria sui bambini vittime delle guerre continua, ed infatti alcune vetrofanie realizzate dall’artista in occasione della mostra di ottobre sono ancora visibili a Casa della Memoria.
In particolare l’imponente vetrofania #Kids, disposta sulla facciata di Casa della Memoria, si illumina di notte, dalle 18.00 di sera alle 8.00 del mattino, sovrapponendosi e dialogando con il neon Don’t Kill dell’artista Fabrizio Dusi.
È un immagine molto forte che richiama subito l’attenzione dei passanti che percorrono via de Castillia, passeggiando accanto a Bosco verticale.
L’artista, in uno dei nostri frequenti incontri, mi ha raccontato il significato e la genesi dell’opera.
Diego Randazzo: L’opera #Kids nasce da un disegno: un gruppo di bambini che guarda e indica in alto nel cielo. Questo disegno, insieme agli altri che ho esposto a Casa della Memoria ed ora in mostra al Teatro della Cooperativa, rappresenta un momento preciso tratto dalle testimonianze della strage di Gorla.
Diego a questo punto mi riporta la testimonianza di Maria Luisa Rumi, una superstite della strage che il 20 ottobre 1944 segnò per sempre la storia di Milano:
Sono già fuori dalla scuola, in piazzetta, all’incrocio tra via Asiago, via Aristotele e Ponte vecchio. È una splendida giornata di sole, venerdì 20 ottobre 1944. Là vedo mio fratello, che frequentava la classe quinta, mentre io faccio la seconda, ma ho solo 6 anni, avendo saltato la prima. Sono pochi giorni che ho iniziato la frequenza in quella scuola: non conosco né maestra né compagni.Massimo è in un crocchio di compagni, che guardano verso l’alto, in un punto del cielo in cui stanno passando alcuni aerei che sganciano qualcosa e i ragazzi li osservano vociando e scambiandosi commenti. Io chiamo mio fratello, ma lui non mi ascolta, poi corre verso casa davanti a me.
Diego si sofferma proprio su quest’immagine: la curiosità e la meraviglia dei bambini che si fermano con il naso all’insù a guardare le bombe lanciate dall’Air Force americana.
D. R.: È un’immagine che mi perseguita: i bambini si fermavano a guardare il cielo. Mi colpisce soprattutto la purezza dei bambini in contrasto alla mostruosità della guerra. Sempre riallacciandomi al racconto dei superstiti, in un primo momento le bombe così distanti vennero scambiate per dei bigliettini e sicuramente il caos, l’inconsapevolezza, la curiosità presero il sopravvento in quegli istanti di orrore.
Volevo che quest’immagine vibrasse, e che fosse visibile da tutti i passanti anche nelle ore serali.
Ho scelto, perciò, di fare un lavoro visivo sulle finestre dell’edificio. La finestra, dispositivo implicitamente pregno di significati simbolici ed estetici, diventa portatrice di nuove istanze: un varco di luce per entrare dentro la storia.
Sapendo che un’altra finestra sulla facciata di Casa della Memoria era già occupata dal neon Don’t Kill di Fabrizio Dusi ho pensato che fosse la situazione ideale per effettuare una sovrapposizione.
I bambini che nel 1944 indicavano le bombe nel cielo, oggi indicano la scritta Don’t Kill.
Attraverso questo cambio di prospettiva, il comandamento ‘Non uccidere’ illuminato dal neon assume ulteriori significati.
È un grido universale, amplificato e non più generico; sono delle piccole vittime innocenti a dircelo. I bambini, anime pure e senza secondi fini, ci indicano cosa è sbagliato.
Quest’immagine, questo segnale luminoso, ora occupa una finestra di Casa della Memoria a Milano, rammentandoci gli orrori del presente…
Un grido silenzioso che si accende nel buio e chiede attenzione.
F. T: Non potevi trovare parole più perfette per esprimere il significato profondo del tuo lavoro, forse diventerà il titolo dell’articolo sai? Comunque il tema su cui hai lavorato è sicuramente molto legato anche al presente, come ricordava Sabino i bambini erano e sono ancora le principali vittime delle guerre, è davvero necessario che quella finestra continui a rimanere illuminata.
Io che seguo il tuo lavoro da tempo conosco la tu sperimentazione continua a livello tecnico, questa volta ti sei cimentato in qualcosa di ancora nuovo, tecnicamente come è stata realizzata la vetrofania?
D. R.: Si tratta di un disegno a grafite, scannerizzato ed elaborato in negativo ed infine stampato su un supporto di poliestere opalino. A tutti gli effetti è una vetrofania luminosa, una cosa molto semplice, ma di grande effetto. Non a caso le vetrofanie sono utilizzate quasi esclusivamente in ambito pubblicitario sulle vetrine dei negozi per veicolare messaggi commerciali ai passanti.
Il materiale opalino ha la peculiarità di essere di colore bianco lattiginoso ed è perfetto per la retroilluminazione. Ogni sera alle 18.00 la vetrofania si illumina ed è ben visibile anche a distanze elevate.
Mi piace immaginare questa stampa luminosa (come anche il neon di Dusi ed altre installazioni di arte pubblica) come un Monumento alla Memoria. Al pari di una statua od una lapide, esprime con forza un messaggio universale, recuperando i codici visivi della contemporaneità.
Chiaramente la vetrofania rappresentava solo una parte della mostra a Casa della Memoria dove l’artista aveva realizzato due “Bandiere della memoria dei bambini martiri”: una con 204 stelle (quante sono le vittime di Gorla: 184 bambini, 14 insegnanti, la direttrice della scuola, 4 bidelli e un’assistente sanitaria) ricamate dall’artista insieme alla madre Maria Rosaria Esposito, e una seconda “bandiera”, costituita da un imponente stampa in acetato che riporta trenta raffigurazioni del tema della Pietà e della Strage degli innocenti.
Trenta come i bambini che ancora oggi muoiono ogni giorno a causa delle guerre.