Hacking Monuments: progetti e idee per una nuova monumentalità

Il progetto di ricerca Hacking Monuments, che è altresì pratica artistica di Simona Da Pozzo, nasce nel 2017 con la volontà di intervenire su monumenti all’interno dello spazio pubblico, modificando così le relazioni tra i vari attori in gioco. Vincitore nel 2019 del bando Call for ideas – Urban Factor indetto dal Comune di Milano e Triennale Milano, inizialmente ideato in un ciclo di dieci incontri, è stato ripensato nelle modalità e nei contenuti a causa della pandemia, riprogrammando i propri incontri in modalità digitale.

Partendo dal proprio blog come strumento di dialogo tra artisti, attivisti e istituzioni, Da Pozzo ha curato per Ex-voto (Radical Public Culture) Hacking Monuments. Tips to make sense of them, una mostra digitale in collaborazione con Visualcontainer, canale internazionale di videoarte. Visibile online 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, presenta dal 2 luglio al 2 agosto 2020 cinque video, rispettivamente di: Sarah Vanagt (Little Figures, 2003), Sophie Ernst (Silent Empress), Simona Da Pozzo (Sunrise Gods’ Call, 2020), Marcio Carvalho (Demythologize that History And Put It To Rest, 2018) e Kiluanji Kia Henda (Secundo Regicidio – The Black Square, 2018).

Gli interventi (o hacks) messi in atto da diversi artisti e attivisti si prefiggono il fine ultimo di ripensare la percezione che abbiamo di una statua pubblica, sollevando una riflessione sul concetto di storia, monumentalità e potere, ri-codificandone l’aspetto e, di conseguenza, la sua facoltà di plasmare la realtà. 

Parallelamente ai video presenti su Visualcontainer, Hacking Monuments si articola inoltre in un workshop dal titolo Parli con me?, coordinato da Pietro Gaglianò, sviluppato in sei incontri digitali dal 15 al 22 luglio 2020 per riflettere insieme sulla vitalità dei monumenti della città di Milano.

Terza parte del progetto è Dall’Ombra, a cura dell’artista Patrizio Raso, un workshop intorno alla figura di Roberto Franceschi, studente ucciso dalla polizia nel 1973, con la volontà metaforica di recuperare l’ombra di un monumento per proiettarla altrove, diventando così puro oggetto simbolico.  

Hacking Monuments, che come una matrioska contiene tre progetti al suo interno, si pone lo scopo di farci prendere coscienza del presente incerto nel quale viviamo, riconsiderando lo spazio urbano in maniera più consapevole, mettendolo in discussione e iniziando nuove pratiche sociali del vivere la comunità. Le strade, i palazzi e non ultime le statue che costellano tutte le nostre città sono diventate uno spunto di riflessione comune. 

Le varie pratiche artistiche, dai video, ai workshop di questo progetto, vogliono aprire uno spiraglio nella nostra coscienza e farci riflettere in maniera critica su un tema attuale come la scrittura della storia sempre da parte dei vincitori o da quella ristretta parte di mondo che detiene il potere. Le minoranze, i vinti e le vittime di guerre sono meri spettatori all’ombra di una storia che si ripete e che sembra inamovibile dai propri piedistalli. Fino ad oggi, almeno, perché con i movimenti nati negli Stati Uniti in questi ultimi mesi, e che si sono espansi a macchia d’olio in tutto il resto del mondo, l’urgente questione della memoria e celebrazione di personaggi spesso controversi è ormai un tema che non si può più ignorare. 

Sono proprio quelle minoranze, quei popoli lontani che oggi sono integrati nella nostra società a dare voce a tre importanti statue poste tra le vie del centro di Bruxelles nel video di Sarah Vanagt, immaginando un dialogo surreale e coinvolgente tra le tre figure. O l’importante tema del passato coloniale britannico, dove la statua della regina Vittoria parla per mezzo di un megafono nell’installazione pensata da Sophie Ernst a Wakefeld, in Inghilterra. È interessante notare come il concilio cittadino abbia vietato l’installazione dopo poco tempo, facendo emergere così l’urgenza di progetti artistici di questo tipo.

Un passato coloniale che, ahimè, da cattolica società occidentale tendiamo a nascondere e dal quale ci auto-assolviamo, cristallizzando così la storia e stroncando sul nascere qualsiasi critica costruttiva, dove nulla si può mettere in discussione. 

Hacking Monuments è invece la matrice contemporanea che vuole scardinare queste visioni dogmatiche del passato, coinvolgendo diverse realtà e chiamando il pubblico a intervenire in prima persona, sperando che questa possa essere l’occasione per porsi domande sulla propria storia, per costruire un futuro nel quale tutti, vincitori e vinti, meritano la medesima attenzione e abbattendo così, anche solo metaforicamente, le statue del potere.

Il progetto è visibile online su Visualcontainer

Maggiori info: https://hackingmonuments.tumblr.com/


Credits:
Fig. 1: Marcio Carvalho, Demythologize That History and Put it to Rest, performance by Marcio Carvalho, Ali Alfatlawi, Wathiq Al Ameri, Otto Von Bismarck statue, Tiergarten, Berlin, 2018. Courtesy of the artist. Photos by: António Pedro Mendesa. Project by Marcio Carvalho.
Fig. 2: Sarah Vanagt, Little Figures, still da video, 2003. Courtesy of the artist.
Fig. 3: Kiluanji Kia Henda, Black Square – Segundo Regicidio, performance for Demythologize that History and Put it to Rest, King Carlos I Statue, Palacio da Ajuda, Lisbon, 2018. Courtesy of the artist. Photos by: Alexander Alves.
Fig. 4: Simona Da Pozzo, Sunrise Gods’ Call, still da video, The Netherlands/Italy, 2020. Courtesy of the artist.