Si è da poco conclusa la 7° edizione dell’Affordable Art Fair di Milano, ecco il racconto della mia esperienza nel dietro le quinte della fiera d’arte contemporanea più “accessibile” che ci sia.
Lavorare cinque giorni in una fiera d’arte vuol dire sottoporre il proprio corpo ad ogni tipo di stress fisico e psicologico. Ore in piedi a dispensare sorrisi e indicazioni in particolare su: dove si trova il bagno, dove si trova l’area workshop/fumatori/talk/spazio bambini, che essendo una fiera non esiste un percorso prescritto e che il biglietto vale per un solo ingresso (cosa che ho scoperto essere assolutamente NON scontata). Se a questo si aggiunge che ti viene richiesto di fare anche le visite guidate, a quanto appena detto si sommerá il fatto che la sottoscritta si è trovata anche a ripetere per cinque giorni che l’Affordable Art Fair è nata nel 1999 da un’idea di Will Ramsey, per tutte le opere di arte contemporanea con un costo inferiore ai sei mila euro.
Ma oltre a questo aspetto, a tratti ripetitivo, fare la fair assistant ha significato anche conoscere delle persone fantastiche con cui lavorare, galleristi che la mattina ti offrono il caffè o qualche dolcino, il personale di sicurezza che ti tiene sempre sott’occhio per assicurarsi che nessun cliente scapocci sbranandoti, artisti che ti chiedono di guardare le loro opere per conoscere il tuo parere, o semplicemente ti esprimono tutti i timori di intraprendere una carriera oggi nel mondo dell’arte, che in parte sono anche i tuoi. Ecco in questo articolo vorrei solo restituire uno spaccato, del tutto personale, di ciò che ho vissuto e apprezzato in fiera: artisti, giovani proposte, gallerie e personaggi che mi hanno colpito, incantato e appassionato, chiedendo scusa a chi non sarà incluso .
La prima Galleria ad avermi colpito è la Carte Scoperte Art Gallery di Milano, un po’ perché era la più vicina alla mia postazione per gli accrediti stampa, un po’ per via del nome, vista la mia innata propensione estetica per la carta e la scrittura in generale. Il primo giorno ho osservato per ore un ragazzo con ciuffo biondo darsi da fare nell’allestimento scambiandolo appunto per uno degli allestitori. In realtà il ragazzo in questione era Alan Borguet, giovanissimo artista milanese, le cui opere, quasi tutte monocrome, occupavano la parte centrale dello stand della galleria. Le avevo studiate per giorni per prepararmi alle visite in fiera ma pensavo, tradita dal nome, che Alan fosse francese e avesse almeno il doppio degli anni. Effettivamente raggiungere un tratto così personale e distinguibile, iconico quasi, in giovane età (28), non è da tutti e, soprattutto, a volte tale processo è più facile da affrontare per artisti a tendenza figurativa e non scritturale, come lui. Guardandolo si ha davanti la versione maschile e streetartisticamente filtrata di Carla Accardi. Le sue opere hanno riscosso molto successo in fiera e ci auguriamo che la carriera, già avviatissima, di questo ragazzo possa decollare verso più alti orizzonti e quotazioni.
L’ultimo giorno ho avuto la fortuna di conoscere anche l’artista che lo affiancava, Domitilla Biondi, una ragazza romana che intaglia la carta con bisturi e taglierino, creando delle composizioni di rara eleganza e poesia, delle quali è impossibile non innamorarsi. Lei stessa mi confessa che nell’intraprendere la carriera d’artista aveva timore che la sua opera non fosse compresa o apprezzata. Domitilla cara ma chi altro sarebbe capace di ricreare quella poesia su carta con la tua maestria, e infondere in quelle opere la tua dolcezza? L’artista invece di salutarmi ha preferito abbracciarmi. Non so spiegarvi come ma quel gesto mi ha lasciato una sensazione profonda di calore ed energia. La Carte Scoperte si presentava in fiera con due stand, di cui il secondo era dedicato ad artisti giapponesi. Tra questi Takeo Ikegami, che da forma compiuta alle macchie d’inchiostro disseminate casualmente su carta realizzando, molto spesso, delle figure leggiadre di volatili.
Riassumendo, considerando la giovanissima età del gallerista Andrea Zardin, classe ’90, la galleria Carte Scoperte ha presentato delle proposte davvero interessanti e stimolanti dal punto di vista percettivo e simbolico. Una galleria da tenere bene a mente, in cui andare e tornare, anche per le bellissime e stimolanti conversazioni che si possono avere con Andrea.
Altra menzione d’onore alla Galleria Morotti di Monica Guadalupi Morotti (Daverio,Varese), una donna di rara eleganza e cortesia, che ha sopportato e supportato la sottoscritta nelle innumerevoli visite guidate condotte nella sua galleria. Le opere in fiera rispecchiano lo stile della gallerista, tutte essenziali, fini, delicate, minimali. Sulle pareti sono esposti Ivan de Menis, Michelle Benoit, Lorenzo Taini, Sara Frattini e Marco Ferri.
Quasi a sdrammatizzare il minimalismo pressoché monocromatico dello stand ci pensa la parete con le opere di Sergio Vanni, allestite sulla parte esterna della galleria. Parlare con il maestro è un piacere. Il modo che ha di illustrare il suo lavoro a tratti dada e il suo raccontarsi affascina e colpisce. La parete di Vanni nei quattro giorni in fiera vanta sicuramente il merito di aver unificato i gusti del pubblico, che si ritrova tutto ugualmente affascinato dalle sue opere. In una pausa sigaretta erroneamente dico al maestro “le sue opere non hanno età, potrebbe averle realizzate anche un ragazzino”. Lui mi riprende, giustamente, facendomi notare che il suo strumento di lavoro è l’ironia, e che questa realmente si acquisisce solo quando c’è distanza e maturità. Ha proprio ragione. La prima parete allestita dal maestro viene acquistata in toto. Il secondo giorno tutte le opere sono sostituite.
La Capital Culture Gallery è una galleria di fotografia di Lammas, Norfolk, fondata da Ken Climie e dal fotografo James Sparshatt, unico dei due presente in fiera, sia come fotografo che come gallerista. Con lui Barry Cawston, altro fotografo presentato nello stand. I due sono estremamente vivaci e allegri. James mi prende spesso in giro e mi chiede se uno dei requisiti per lavorare in AAF è essere più basse di un metro e settanta. Effettivamente nello staff della fiera siamo tutte taglia small, ma sa James in Italia diciamo che nella botte piccola…magari questo evito di tradurglielo. Gli faccio notare nel nostro paese non siamo propriamente altissimi, affidandomi ai tipici stereotipi italiano/pizza/spaghetti/ mandolino. Lui mi ride in faccia e nonostante la presa in giro continuo a scrutare le bellissime fotografie che hanno portato in fiera. Ci sono i suoi ritratti di Cuba, le atmosfere metafisiche degli spazi abbandonati di Cawston, i ritratti degli Etiopi di John Kenny e le immagini poetiche di Monica Denevan.
Per la fotografia degni di nota anche lo stand presentato da SpazioFarini6 di Giovanna Lalatta, con le opere di Barbara Falletta, Pina Inferrera, Elena Parisi e Andrea Rovatti e Alvise Ranieri-Tenti; la galleria Lumas, presente in tutto il mondo e fondata nel 1996 a New York; e la Bleach Box , che propone in stand sopratutto fotografie di Richard Heeps, acquistabili anche per cifre irrisorie.
In fiera c’è spazio anche per l’arte del ‘900 nello stand della galleria Giovanni Altamura, che propone delle splendide opere su carta di Bonalumi e degli specchi di Pistoletto di piccolo formato.
Altro stand interessante quello della Public House of Art di Amsterdam, una galleria e-commerce che propone tutte opere d’arte acquistabili a prezzi accessibili anche online. I ragazzi in galleria hanno appena 27 anni, ed uno dei due è già manager dello spazio. La Public House è nata da un anno, ma porta avanti un progetto interessante che sconfina nel design che è interessante seguire sui profili social della galleria.
Passando alle realtà emergenti dal primo giorno si è creato un rapporto di amicizia con la Outartlet Gallery di Vigevano, che rappresentava Ale Puro, l’artista vincitore dell’art battle organizzata dallo sponsor della fiera Warsteneir. Alessia e Francesco sono due persone fantastiche e affiatate, e la neonata galleria ha tutte le carte in regola per portare avanti un discorso di qualità, che mescola ad artisti giovanissimi anche opere di De Chirico, Turcato e del Novecento italiano. Altro artista presentato Nicolò Tomaini, che nelle sue opere esprime la caduta dei miti nell’era contemporanea segnata dalla tecnologia.
Tra le emergenti anche l’Expart Studio&Gallery di Bibbiena di Silvia Rossi, nata nel 2010. Silvia punta in fiera su sei artisti profondamente diversi tra loro, in un’allestimento che sa valorizzarne le differenze e peculiarità. La mia attenzione è catturata totalmente dal lavoro di Elia Fiumicelli, artista che dipinge su tele stampate mixando nel suo segno la caricatura e i colli allungati di Modigliani, l’illustrazione e le atmosfere liquefatte di Dalì e De Chirico.
Oltre a queste due gallerie vale la pena citare anche: la Zoia di Milano, con l’artista Maria Jole Serreli, una moderna Maria Lai, e l’iphone/fotografo Nicola Bertoglio; la Burning Giraffe Art Gallery di Torino con le bellissime incisioni di Otto D’Ambra e i lavori di Geraci e della Capolupo; la Momart gallery con Bonsanto, Panucci e Passoni; lo spazio stART UP gestito da un collettivo di artisti che si autofinanziano, con le opere di Marco Randazzo (di poesia visiva memoria); e infine la Federica Morandi Art project con le stazioni di Andre Sbra Perego.
Insomma, a parte qualche “pignosa” eccezione (chi ha visto sa), la sezione delle gallerie emergenti propone artisti interessanti, in gran parte ancora legati al medium pittorico, ma con un evidente tentativo di innovazione e ricerca di una cifra personale. Opere che starebbero bene in salotto, a cifre modiche e per le quali si può osare.
Le gallerie comunque in tutta la fiera erano 85, credo sinceramente di aver parlato con ogni singolo gallerista, e di aver apprezzato il lavoro di grand parte degli espositori e degli artisti presenti, ma riassumere in un articolo proprio tutto è impossibile, sopratutto cercando anche un minimo di fingere un certo occhio critico e ragionevole nonostante le interminabili ore passate ad indicare dove si trova il bagno, dove si trova l’area workshop/fumatori/talk/spazio bambini, che essendo la fiera non esiste un percorso prescritto e che il biglietto vale per un solo ingresso.
In generale un’esperienza da fare e rifare, per (ri)scoprire il lato umano e conviviale che si cela dietro il mondo dell’arte, non sempre molto affordable.